Georgescu-Roegen, Per un'economia umana
MANIFESTO PER
UN’ECONOMIA UMANA
L’attuale tendenza nell’evoluzione del pianeta non
dipende
soltanto da leggi inesorabili della natura, ma è una
conseguenza
delle deliberate azioni esercitate dall’uomo sulla natura
stessa.
L’uomo ha tracciato, nel corso della storia, il suo destino
attraverso decisioni di cui è responsabile; ha cambiato il
corso
del suo destino con altre deliberate decisioni, attuate con la sua
volontà. A questo punto deve cominciare ad elaborare una
nuova
visione del mondo.
Come economisti abbiamo il compito di descrivere e analizzare i
processi economici così come li osserviamo nella
realtà.
Peraltro nel corso degli ultimi due secoli gli economisti sono stati
portati sempre più spesso non solo a misurare, analizzare e
teorizzare la realtà economica, ma anche a consigliare,
pianificare e prendere parte attiva nelle decisioni politiche: il
potere e quindi la responsabilità degli economisti sono
perciò diventati grandissimi.
Nel passato la produzione di merci è stata considerata un
fatto
positivo e solo di recente sono apparsi evidenti i costi che essa
comporta. La produzione sottrae materie prime ed energia dalle loro
riserve naturali di dimensioni finite; i rifiuti dei processi invadono
il nostro ecosistema, la cui capacità di ricevere e
assimilare
tali rifiuti è anch’essa finita.
La crescita ha rappresentato finora per gli economisti
l’indice
con cui misurare il benessere nazionale e sociale, ma ora appare che
l’aumento dell’industrializzazione in zone
già
congestionate può continuare soltanto per poco:
l’attuale
aumento della produzione compromette la possibilità di
produrre
in futuro e ha luogo a spese dell’ambiente naturale che
è
delicato e sempre più in pericolo.
La constatazione che il sistema in cui viviamo ha dimensioni finite e
che i consumi di energia comportano costi crescenti impone delle
decisioni morali nelle varie fasi del processo economico, nella
pianificazione, nello sviluppo e nella produzione. Che fare? Quali sono
gli effettivi costi, a lungo termine, della produzione di merci e chi
finirà per pagarli? Che cosa è veramente
nell’interesse non solo attuale dell’uomo, ma
nell’interesse dell’uomo come specie vivente
destinata a
continuare? La chiara formulazione, secondo il punto di vista
dell’economista, delle alternative possibili è un
compito
non soltanto analitico, ma etico e gli economisti devono accettare le
implicazioni etiche del loro lavoro.
Noi invitiamo i colleghi economisti ad assumere un loro ruolo nella
gestione del nostro pianeta e ad unirsi, per assicurare la
sopravvivenza umana, agli sforzi degli altri scienziati e
pianificatori, anzi di tutte le donne e gli uomini che operano in
qualsiasi campo del pensiero e del lavoro. La scienza
dell’economia, come altri settori di indagine che si
propongono
la precisione e l’obiettività, ha avuto la
tendenza,
nell’ultimo secolo, ad isolarsi gradualmente dagli altri
campi,
ma oggi non è più possibile che gli economisti
lavorino
isolati con qualche speranza di successo.
Dobbiamo inventare una nuova economia il cui scopo sia la gestione
delle risorse e il controllo razionale del progresso e delle
applicazioni della tecnica, per servire i reali bisogni umani, invece
che l’aumento dei profitti o del prestigio nazionale o le
crudeltà della guerra. Dobbiamo elaborare una economia della
sopravvivenza, anzi della speranza, la teoria di un’economia
globale basata sulla giustizia, che consenta l’equa
distribuzione
delle ricchezze della Terra fra i suoi abitanti, attuali e futuri.
E’ ormai evidente che non possiamo più considerare
le
economie nazionali come separate, isolate dal più vasto
sistema
globale. Come economisti, oltre a misurare e descrivere le complesse
interrelazioni fra grandezze economiche, possiamo indicare delle nuove
priorità che superino gli stretti interessi delle
sovranità nazionali e che servano invece gli interessi della
comunità mondiale. Dobbiamo sostituire all’ideale
della
crescita, che è servito come surrogato della giusta
distribuzione del benessere, una visione più umana in cui
produzione e consumo siano subordinati ai fini della sopravvivenza e
della giustizia.
Attualmente una minoranza della popolazione della Terra dispone della
maggior parte delle risorse naturali e della produzione mondiale. Le
economie industriali devono collaborare con le economie in via di
sviluppo per correggere gli squilibri rinunciando alla concorrenza
ideologica o imperialista e allo sfruttamento dei popoli che dicono di
voler aiutare. Per realizzare una giusta distribuzione del benessere
nel mondo, i popoli dei paesi industrializzati devono abbandonare
quello che oggi sembra un diritto irrinunciabile, cioè
l’uso incontrollato delle risorse naturali, e noi economisti
abbiamo la responsabilità di orientare i valori umani verso
questo fine. Le situazioni storiche o geografiche non possono essere
più invocate come giustificazione
dell’ingiustizia. Gli
economisti hanno quindi di fronte un compito nuovo e difficile. Molti
guardano alle attuali tendenze di aumento della popolazione, di
impoverimento delle risorse naturali, di aumento delle tensioni
sociali, e si scoraggiano. Noi dobbiamo rifiutare questa posizione e
abbiamo l’obbligo morale di elaborare una nuova visione del
mondo, di tracciare la strada verso la sopravvivenza anche se il
territorio da attraversare è pieno di trappole e di ostacoli.
Attualmente l’uomo possiede le risorse economiche e
tecnologiche
non solo per salvare se stesso per il futuro, ma anche per realizzare,
per sé e per tutti i suoi discendenti, un mondo in cui sia
possibile vivere con dignità, speranza e benessere. Per
ottenere
questo scopo deve però prendere delle decisioni e subito.
Noi
invitiamo i nostri colleghi economisti a collaborare perché
lo
sviluppo corrisponda ai reali bisogni dell’uomo: saremo forse
divisi nei particolari del metodo da seguire e delle politiche da
adottare, ma dobbiamo essere uniti nel desiderio di raggiungere
l’obiettivo della sopravvivenza e della giustizia.
Nyach, ottobre 1973
Nicholas Georgescu-Roegen, Kenneth Boulding e Herman Daly
firmato da oltre 200 economisti fra cui Kenneth Arrow, Robert
Heilbroner, Ernst Schumacher, David Pearce, Ignacy Sachs, Bertrand de
Jouvenel.
La proposta era partita dall’associazione internazionale
“Dai Dong”, un nome che corrisponde ad un antico
concetto
cinese di un mondo “in cui la famiglia di ciascun uomo non
è soltanto la sua famiglia, i figli di ciascun uomo non sono
soltanto i suoi figli, ma tutto il mondo è la sua famiglia,
tutti i bambini sono suoi figli”. Il
“manifesto” fu
presentato alla riunione annuale del dicembre 1973
dell’American
Economic Association, (American Economic Review, 64, (2), p. 447 e
449-450 (maggio 1974); anche in Hugh Nash (editor), Progress as if
survival mattered, San Francisco, Friends of the Earth, 1977, p.
182-183).
La traduzione italiana fu fatta circolare nel novembre 1973 nel corso
della riunione annuale della Società
Italiana degli Economisti, a Roma, e, firmata da Gianni Cannata, Pietro
Dohrn, Giorgio Nebbia, e alcuni altri; fu pubblicata in: G. Cannata (a
cura di) Saggi di economia dell’ambiente, Milano,
Giuffré,
1974, p. 239-244; fu ristampata in Economia e Ambiente, 2, (1/2), 70-74
(gennaio-giugno 1983) e in N. Nicholas Georgescu-Roegen, Energia e miti
economici, Bollati Boringhieri, Torino, 1998, p. 207-210, e fu
distribuita in occasione del seminario “Oltre
l’economia”, organizzato il 7-8 ottobre 1997 dal
Comitato
permanente di solidarietà di Arezzo (G. N.)